partecipano: Marino Folin, Prof. Arch. Manfred Manera, giornalista Gian Antonio Stella, giornalista
modera: Mathilde Schwabeneder, giornalista ORF
Venezia, una città minacciata da ciò che la rende famosa in tutto il mondo: l’elegante alternanza fra architettura e acqua. Un equilibrio delicato, cui ai rischi dati dalla particolare conformazione ambientale, si aggiungono le minacce antropiche, causate dalla fruizione della zona, che, di anno in anno più intensa, rischia di sfociare in un’usura con conseguenze fatali.
118 isolette e 177 canali a formare un centro storico unico al mondo, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Una conformazione precaria che persiste attraverso i secoli grazie a un’attenta manutenzione della laguna, perché salvaguardare la particolare conformazione di Venezia significa preservare lo status quo, conservando la morfologia lagunare. Uno status quo minato negli anni dall’erosione del fondale, dal moto ondoso e dall’acqua alta, tutti fattori che stanno trasformando la laguna da zona umida ad ambiente marino.
Una situazione cui si cerca soluzione già da oltre trent’anni, elaborando misure che possano preservare laguna e centro storico senza castrare la crescita economica della città. Provvedimenti che devono tenere conto tanto del corretto equilibrio degli elementi costituenti la vita della laguna, quanto delle necessità di sviluppo delle attività lavorative, intrinsecamente legate a turismo e industria navale.
Da qui lo studio di criteri e strumenti di mitigazione che hanno portato a un’ampia gamma di proposte, dai piccoli provvedimenti elaborati per arginare i danni, alle grandi opere progettate come soluzione. Negli anni si sono scavati canali aggiuntivi spostando il passaggio delle grandi navi in zone periferiche per contenere il moto ondoso del bacino di San Marco; sono stati emessi divieti alla navigazione per prevenire incidenti e inquinamento della laguna; sono stati varati articolati progetti per difendere la città dall’acqua alta. Fra questi nel 1987 si è scelto un preciso Modulo Sperimentale Elettromagnetico, il MoSE, che prevede la realizzazione di un circuito di dighe, l’innalzamento delle banchine verso il bacino e la impermeabilizzazione della zona sensibile. Il cantiere è proceduto per decenni fra sforzi, sprechi, scandali e corruzione, per ritrovarsi nel 2014 senza i fondi necessari alla sua ultimazione e con la consapevolezza che, anche una volta in funzione, il MoSE possa non preservare Piazza San Marco dall’acqua alta.
Una notizia che ha fatto il giro del mondo occupando le pagine dei quotidiani e i titoli dei telegiornali nazionali e internazionali. Uno scenario che ha visto innumerevoli inchieste e reportage televisivi in Italia come all’estero. Fra i contributi della tv di stato austriaca ORF, anche quello di un giornalista italo-austriaco, Manfred Manera. Il Forum Austriaco di Cultura Roma lo ha invitato a presentare i propri video in una tavola rotonda cui parteciperanno Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera, e il Prof. Arch. Marino Folin, già rettore dello IUAV quando nel 2004 la facoltà di architettura ha accettato l’incarico di progettazione di nuovi edifici previsti dal MoSE. A moderare la serata, fra progetti, indagini, processi e leggi speciali, l’inviata a Roma dell’ORF, la giornalista austriaca Mathilde Schwabeneder.