Nato nella Praga austro-ungarica, appartenente alla minorità germanofona e figlio di genitori ebrei, fin dalla culla Frank Kafka fu accompagnato da un sentimento d’isolamento e di non appartenenza. La sua lingua madre era il tedesco, ma era la lingua ceca che lo emozionava, tuttavia, non si considerava ceco, nè tanto meno tedesco o austriaco. Non trovava un proprio centro nella sua professione di impiegato delle Assicurazioni Generali, né nelle storie d’amore, e neanche nella scrittura.
Infatti non sono in grado di chiarirmi nello spirito un’identità austriaca univoca e ancor meno, tuttavia, sono in grado di pensare in me un tale spirito. Arretro spaventato di fronte a una tale decisione. (da una lettera a Fritz Lampl, marzo 1917)
Nella sua opera, considerata da molti espressione magistrale della condizione esistenziale dell’uomo moderno, si rispecchia il suo rapporto conflittuale con il mondo. Alienazione, senso d’impotenza e angoscia sono i sentimenti dominanti, quando Kafka descrive la propria esistenza in un una società avversa e distante e completamente disinteressata al suo destino. Anche nella vita privata, tuttavia, lo scrittore non riesce a trovare pace: dilaniato tra il desiderio di una relazione stabile e il rifiuto della vicinanza, Kafka si unisce in fidanzamento diverse volte, per poi scioglierlo immediatamente dopo.
Forse la pace relativa è soltanto un accumulo d’insoddisfazione, che poi una notte come l’ultima ad esempio, prorompe tutt’assieme, tanto che a uno viene voglia di piangere e il giorno dopo girovaga come se fosse nella propria tomba (da una lettera a Felice Bauer, dicembre 1916)
Kafka lottava spesso anche con il suo “talento” di scrittore, che percepiva come benedizione e maledizione al tempo stesso. Soffriva di essere costretto a un lavoro per guadagnarsi da vivere, in parte obbligato dai genitori, e in particolar modo dal padre, dall’altro perché soffriva di lunghe fasi di mancanza d’ispirazione e anche per la sua stessa decisione di pubblicare pochi testi. Nelle fasi di alta creatività, Kafka era capace di produrre in tempi record: scrisse, ad esempio, il racconto “La condanna” in una sola notte. Così conduceva quella che lui definiva una “vita di manovre”, di mattina in ufficio, di pomeriggio un po’ di pace, e la sera alla scrivania. Tuttavia, gli capitava spesso di essere bloccato per mesi e di non riuscire a buttare giù nemmeno una frase, torturato come era da continui dubbi.
Quasi neanche una parola che scrivo si accorda alla seguente, sento le consonanti susseguirsi metallicamente mentre le vocali cantano. I miei dubbi cingono ogni parola, li vedo prima ancora di vedere la parola stessa, ma cosa succede poi! Non riesco proprio più a vedere la parola. (Dai diari)
Kafka cercava il motivo del suo ripetuto fallimento sia dal punto di vista letterario che esistenziale nel rapporto con i genitori, in particolar modo ascriveva al padre la colpa del suo complesso d’inferiorità. Una potente testimonianza della sua, per dirla in maniera blanda, relazione complessa con il padre è rappresentata dalla (mai inviata) “Lettera al padre”, un vero e proprio regolamento di conti con un genitore autoritario e tirannico:
[…]questo sentimento di nullità che spesso mi domina […] ha origine in gran parte dalla tua influenza. Avrei avuto bisogno di qualche incoraggiamento, di un po‘ di gentilezza, che mi si aprisse un poco il cammino, invece Tu me lo nascondevi, sia pure con la buona intenzione di farmene imboccare un altro. (La lettera al padre)
Quando cominciavo a fare qualcosa che non era di tuo gradimento, e tu mi prospettavi il fallimento, il rispetto per la tua opinione era così grande che tale fallimento era inarrestabile, anche se si sarebbe manifestato soltanto in un secondo momento. Perdevo la fiducia nelle mie azioni. Diventavo incostante, pieno di dubbi. (La lettera al padre)
Sulla “Lettera al padre” si fondano numerosi studi psicoanalitici che hanno investigato le difficoltà di Kafka di emanciparsi da questo padre onnipotente e la sua incapacità di modificare questo rapporto padre-figlio in uno tra pari. Il documento, inoltre, getta una luce ancora più chiara sul forte simbolismo presente in altre opere, soprattutto nelle “metamorfosi”.
Tra i frammenti di romanzo particolarmente riuscito è “Il processo”, opera in cui lo scrittore rappresenta in maniera magistrale e opprimente l’impotenza del singolo nei confronti dell’autorità, in questo caso rappresentata dall’apparato statale.
Nonostante la sua insicurezza, però, Kafka non era affatto isolato da un punto di vista sociale, curava poche ma profonde amicizie con intellettuali suoi coetanei, come il filosofo Felix Weltsch o lo scrittore Franz Werfel e fu proprio grazie alla mediazione dell’amico Max Brod che venne in contatto con la casa editrice Rowohl che pubblicò la sua prima opera.
Nel 1917 Kafka si ammalò di tubercolosi ai polmoni, dopo una degenza in ospedale il suo stato di salute migliorò, ma lo scrittore non recuperò mai pienamente la salute, soffrì di febbre spagnola, di polmonite e infine di una tubercolosi alla laringe che lo portò alla morte nel giugno del 1924.
La maggior parte dei suoi lavori fu pubblicata post mortem e contro la sua volontà dall’amico Max Brod. Dopo la morte Kafka ricevette il riconoscimento che per tutta la vita aveva sperato ricevere dal padre. È stato sepolto nel nuovo cimitero ebraico di Praga.
Rainer Stach, autore di una biografia in tre volumi su Franz Kafka commenta così in un’intervista con la FAZ del 29.06.2008 l’importanza dello scrittore:
Grazie a Kafka il frammentario, il paradossale, il rotto, il contraddittorio e il menomato hanno trovato accesso alla letteratura, uno spazio dove hanno trovato una propria dignità (…). A prescindere da ciò, senza Kafka probabilmente non sapremmo nulla dell’enorme potenziale espressivo e comunicativo che risiede anche soltanto nel vocabolario base di una lingua: anche la cosa più semplice può essere altamente raffinata, questo è ciò che Kafka ci ha insegnato.
Non per ultimo la letteratura di Franz Kafka ha dato luogo a un neologismo, l’aggettivo “kafkiano”, che sta a indicare fenomeni enigmatici, minacciosi e assurdi, proprio come quelli descritti dai suoi testi.
[1] Neumann G./ Pasley M./ Schillemeit J./ Kurz G. (Hrsg): Franz Kafka. Briefe April 1914 – 1917, Verlag S.Fischer. Frankfurt/ Main 41989. S.291.
[1] Ibidem. S.277.
[1] Wikipedia. Aus den Tagebüchern.
[1] Kafka, Franz: Brief an den Vater. Verlag S.Fischer. Frankfurt/ Main 1962.