Una conversazione con lo scultore Rudi Wach
Cosa significa “tempo”?
Il concetto di “tempo” nell’arte moderna viene usato come punto di riferimento. Io sono incline ad annullare il concetto di tempo, perché in fondo non conta, che la “Venere di Willendorf” o il mio “Rosendorf” siano stati creati venti o duemila anni fa. Quando ci si inoltra nelle profondità dell’anima, non si ha bisogno del tempo. Lì il tempo non c’è. Gli esseri umani non lo vogliono ammettere. Il tempo appartiene al corpo. Per questo gli esseri umani sono così avidi di possesso. Io cerco l’uomo interiore, è questo che vorrei trovare, è a questa ricerca che ho dedicato la mia esistenza come artista. Soltanto con l’uomo interiore possiamo progredire. Se noi esaltiamo solo il corpo, diventiamo, volontariamente, delle macchine, degli schiavi. Il corpo ha oggi un’enorme importanza. Non c’è niente di male in questo. Anche per gli antichi Greci il corpo aveva grande importanza, ma oggi si vuole che rappresenti tutto, che riassuma la totalità dell’esistenza umana. È triste, e ci impedisce di evolverci. Se è il corpo soltanto a dominare, facciamo tutti dei passi indietro. Non c’è niente di più spaventoso dell’imbarbarimento che si produce quando l’anima perde terreno. Ci sono persone dalle quali traspare la luce dell’anima, e altre nelle quali domina la maestà del corpo. Questo è demoniaco, terribile. Ogni essere umano possiede una scintilla, che deve essere trasformata in luce. La più grande conquista culturale dell’essere umano, è ciò che sa sull’anima.
Si può “lavorare” sull’anima?
Si, si può. Ci si deve ascoltare dentro. Comincia così. Ogni giorno deve essere dedicato al lavoro sull’anima. Ogni giorno si dovrebbe cercare di ascoltare la voce interiore. E allora succedono cose straordinarie. Si devono far parlare le immagini interiori. Chiedi sempre alla tua voce interiore! All’inizio si crede che ce ne siano molte, ma poi ne resta solo una – “la” voce interiore. Le altre sono solo “coloro che sussurrano”. Sta scritto già nei testi sacri. La voce interiore ha un suono molto flebile. Io cerco di ascoltarmi soprattutto al mattino, quando mi sveglio. Vengono fuori cose che mi lasciano molto stupito. C’è una voce che ti guida. L’anima bisogna nutrirla, come il corpo: ascoltare musica, leggere un buon libro, leggere una poesia che trasmetta le vibrazioni di cui l’anima ha bisogno. Questo è il cibo per l’anima. La gioia più bella è la gioia dell’anima. Cercarla è ciò che io sento essere il compito della mia vita.
Io sono grato per ogni nuovo giorno. Io vorrei continuare a sentire questa gioia interiore, per questo vorrei vivere ancora. La gioia di incontrare persone che hanno questa luce interiore. Mi piacciono le persone semplici. In loro trovo la grandezza. Essere famoso non significa niente. Io voglio penetrare ancora più profondamente nel mio mondo interiore, e con le mie opere raccontare quello che vi trovo. È così importante per me, e immagino lo sia anche per le altre persone. È una forma particolare di comunicazione. Il successo, nel senso corrente della parola, può essere molto distruttivo. Voler essere famosi è solo un surrogato, perché non è questo che conta. Naturalmente si ha bisogno di un po’ di denaro, ma ciò che conta davvero è qualcosa di completamente diverso. Ciò che conta è che l’Essere maturi. L’essenziale è l’evoluzione della coscienza, ovvero dell’anima umana. Si ha sempre paura di usare questa parola, ma io la utilizzo.
Ciò che si è appreso, ciò che altri hanno pensato prima di te, è sempre presente nelle cose della vita. Quando si è vissuti fin dalla primissima infanzia in un contesto spirituale, che trasmette la cultura e la consapevolezza del divenire dell’umanità, è più facile fare un passo oltre. Questo è ciò che chiamo l’evoluzione dell’essere umano. Quanto i presupposti culturali non sussistono, la persona che riesce da sola a portare avanti quest’evoluzione, compie, io credo, un’opera gigantesca. Si tratta di mettere l’essere umano al centro del proprio Essere. Il lavoro fatto dagli altri prima di te è importante. Per questo la cultura è un grande regalo che la società ci fa.
Io non mi vergogno di parlare della scintilla divina che c’è nell’essere umano. Per questo mi piace così tanto il saluto “Grüß Gott” (“un saluto a Dio”, forma usata in Austria e Baviera, n.d.T.). Perché si fa riferimento appunto a quella scintilla. Gli orientali parlerebbero in questo contesto di Iniziazione. In questo hanno un’esperienza più lunga di noi europei. In India, Cina e Giappone c’è una secolare esperienza di lavoro sulla scintilla di luce presente nell’essere umano. Bisogna liberarla, darle la possibilità di sprigionarsi. Gli orientali lo fanno in modo molto consapevole, spesso con l’aiuto di un maestro personale, che ascolta con attenzione l’individuo, il suo allievo o la sua allieva, e lo aiuta. Il maestro dice: “Devi guardare con attenzione questo fiore. Osserva questo torrente, come scorre, così anche tu devi scorrere nella tua Esistenza”. Il maestro conduce il proprio allievo lentamente, passo dopo passo, al proprio sé. Gli dischiude le proprie possibilità. Una volta svelate, entra in gioco la curiosità e l’allievo vuole vedere e sperimentare sempre di più. Lei o lui non vorranno più leggere ciò che scrivono i giornali, no, rivolgeranno la loro attenzione su ciò che può dire loro qualcosa intorno alla nostra esistenza sulla Terra.
Come nasce l’arte?
L’arte ci mostra l’anima e l’essere dell’uomo. Io capisco che si tratta di arte, quando mi riempio di gioia. Quando mi trovo in presenza di un’opera d’arte, sono in uno stato euforico. È un sentimento di felicità. L’arte è ciò che la natura non ha. E tuttavia la natura ci ha dato la possibilità di crearla. Con l’arte, espandiamo il nostro Io e al tempo stesso ci uniamo alla Creazione. L’arte ci dà la possibilità di riconoscere noi stessi e, attraverso l’atto della creazione, di farci entrare in una dimensione che altrimenti ci sarebbe preclusa. Ci nobilita e ci innalza. La natura ci ha dato tutto: il cibo, la bellezza dei paesaggi, il mare, l’acqua, l’aria, gli alberi, i fiori, tutto – tranne l’arte. L’arte è il divino in noi. L’arte è qualcosa di molto particolare. È più di quello che si può immaginare. Spesso viene usata male e profanata. È terribile, ciò che può succedere con l’arte. Lo voglio sottolineare con forza. In realtà è una questione di sentimenti, non di testa. La testa vuole poi fare i suoi aggiustamenti. Ma l’arte è la nostra esistenza nella sua totalità. Vi partecipa tanto il mignolo del piede quanto l‘ultimo pelo della barba. Sono fermamente convinto, che l’arte si dia solo nell’estasi. L’estasi è l’avvicinarci alla nostra origine divina. La gioia di questo sentire arriva solo in un secondo momento, quando la testa si convince che „adesso è successo qualcosa“.
Io sto cercando di definire l’arte, si cerca di farlo da secoli, ma in verità non è possibile parlarne. Non si può chiedere a una persona in estasi: come ti senti? Sono un po‘ fuori moda, non è vero? Con la volontà, in ogni caso, non ci si arriva! La volontà è la porta, che chiude completamente la strada all’arte. Non si può „volere“ essere un artista.
C’è una via che porta all’estasi?
Ogni giorno mi obbligo ad andare nel mio atelier, mi siedo sullo sgabello, e comincio a disegnare. La scultura è faticosa, il disegno è più aperto, più libero. Quando si disegna, non c’è l’ostacolo rappresentato dal mezzo espressivo, e quindi, il sentimento di ciò che si vorrebbe rendere visibile, fluisce liberamente. Per scolpire devo invece lavorare molto con le mani, toccare il gesso, buttarlo via. Creare una scultura è per il trenta per cento un lavoro manuale. Quando un artista è completamente libero, questa percentuale può ridursi al venti, mentre quando non è libero, il lavoro manuale rappresenta l’ottanta per cento, e il poco che resta – è il libero fluire del sentimento. Solo dopo i settant’anni sono riuscito a liberarmi da tutti questi impedimenti, dalle necessità contingenti della scultura: lavorare il gesso, aspettare finché il gesso ha la giusta consistenza. Effettivamente sono pochi i momenti buoni per lavorarlo, e mentre aspetti il momento buono, le idee scappano. Poi, si commettono errori. Quando si disegna, invece, la mano fa tutto da sola. La mano è lo strumento che coglie direttamente il nucleo essenziale dell’esistenza. È quello il punto in cui siamo più vicini alla Creazione.
L’estasi è uno stato, nel quale non si sa più nulla, non si sente più nulla di ciò che normalmente conta per l’essere umano, uno stato nel quale non si ricorda più ciò che si ha imparato. È uno stato di totale libertà. Ci si deve esercitare molto, per arrivarci. Tutto ciò che viene prodotto prima di arrivare a questo stato – non è arte. Anche se è tanto, è solo il contorno dell’arte. E anche molto di ciò che ci è viene dal passato, non è arte. Per arrivare all’arte, ci devono essere certi presupposti. Una volta che si è vissuta l’arte in questo modo, non si può più ritornare indietro, non si può più esprimere l’esistenza in modo banale. Questo comincia già nella comunicazione con i nostri simili: si sceglie di cosa parlare in modo più consapevole.
L’arte e il “saper fare“ sono collegati?
Certo che l’arte e il saper fare sono collegati. L’artista deve essere in grado di produrre l‘opera. Ha bisogno del lavoro artigianale, della capacità manuale. Se si guarda un quadro di Raffaello, si può solo rimanere meravigliati della sua capacità di dipingere una camicia o una pelliccia. Sono state le sue mani a farle. Nel diciottesimo secolo abbiamo visto che, con la tecnica, molti riuscivano a fare ciò che avevano fatto le mani di Raffaello. Ma non si tratta di questo! La bellezza della camicia dipinta da Raffaello non è la perfezione esteriore del lavoro, è molto, molto di più. E qui entra in gioco l‘inafferrabile. Si potrebbe dire che Raffaello ha riempito l’immagine di vita. Riempita come un uovo, fino all’ultimo spazio disponibile. Anche la più piccola bolla d’aria è indispensabile alla vita.
Ho una definizione per l’arte: è l’unica possibilità che possediamo di conservare l’energia umana per poterla poi donare al nostro prossimo. La cosa più preziosa che possediamo è l’energia umana. Quando l’energia è presente in un rapporto umano, quando fluisce, questo rapporto sarà duraturo. Se non c’è energia, il rapporto finisce. È questa l’energia che si sente davanti a una grande opera d’arte. La si percepisce senza pensare.
Questa energia, questa forza ci fa provare una grande gioia, ci rende felici. Detto semplicemente, se abbiamo la sensazione di aver ricevuto un regalo – allora si tratta di arte. Penso agli Egizi. Le loro opere d’arte sono rimaste nascoste nelle tombe per millenni. Adesso le possiamo guardare nei musei. Molte di queste opere mantengono una grande vitalità. Ne esce una freschezza, come se fossero state fatte il giorno prima. Per esempio il busto di Akhenaton al Louvre. Trasmette quell’energia di cui sto parlando. Una forza che fluisce senza interruzione, senza fine. Anche se la scultura venisse distrutta, nel luogo dove si trovava si sentirebbe ancora una traccia di questa energia.
Cosa significa „crisi“?
Io vivo appartato rispetto a questa realtà materialista. Vedo gente solo quando esco dal mio atelier a Milano per bere un caffè o mangiare qualcosa. La maggior parte delle persone parla al telefono o indossa gli auricolari, come se non sopportasse la compagnia di se stessa e cercasse perciò continuamente una diversione. Questa ricerca della diversione è una catastrofe. Io credo che questa tanto lamentata crisi sia originata dall’incapacità di ascoltare la nostra voce interiore. Dobbiamo ininterrottamente inventare, produrre, consumare beni materiali, alla ricerca qualcosa che plachi la nostra ansia.
In questo circolo vizioso, cerchiamo sempre tutto all’esterno, anziché in noi stessi. Credo che la nostra società da decenni non sia più capace di dare all’essere umano qualcosa che lo appaghi, anche se la società europea, per quanto riguarda l’accesso ai beni materiali, è organizzata meravigliosamente. Ma a quale tipo di cultura noi attribuiamo particolare valore? Tutto è orientato a inserire l’essere umano in un processo lavorativo che lo trasforma in macchina, senza pensare alla persona nella sua interezza. La religione ha fallito, lo Stato ha fallito, non sono riusciti a fare nulla per l’anima, per l’uomo interiore.
Non basta che lo Stato garantisca l’esistenza di uno spazio dedicato alla vita spirituale?
Lo spazio c’è e c’è sempre stato, ma servono gli stimoli. L’essere umano deve essere educato, altrimenti si abbrutisce. Ha bisogno di essere aiutato a capire che è un essere umano, e non solo un corpo, fatto di bisogni da soddisfare macchinalmente. Il corpo è anche il mezzo attraverso il quale si prende coscienza di avere un’anima. Si parla troppo poco di questo, perché anima e corpo sono stati separati, e il corpo è stato contrapposto all’anima.
Questo è il grande dramma della nostra società. Questa è la crisi. D’un tratto, l’uomo si ritrova nudo. Se non ha beni materiali, non ha più niente. E si chiede: chi sono? Una persona, o solo un corpo? Ma la realtà è ancora più triste di come l’ho descritta ora. Dovrebbe esserci maggiore consapevolezza dell’incredibile regalo che ogni uomo porta in sé, quale che sia la sua origine e la sua formazione: essere costituito da corpo e anima. Solo presi insieme, questi due elementi possono crescere. Il corpo è il grande strumento dell’anima. E qui entra in scena l’arte come mediatrice. Una volta l’arte era la compagna della religione. Insieme hanno cercato di togliere l’uomo dallo stato animale. Oggi ci troviamo in una situazione storica in cui l’arte ha dovuto assumersi il ruolo di principale mediatrice dell’umano.
In questo mondo, tutto, corpo e anima, devono rinnovarsi continuamente. In primavera ogni albero mette nuove foglie. Hanno esattamente lo stesso aspetto delle vecchie, però sono nuove. Non sono vecchie, si sono rinnovate. Questo è il principio alla base della vita sulla Terra. La religione fallisce, se si irrigidisce in dogmi. L’arte ha invece la possibilità di far vedere all‘essere umano quanto egli sia grande, di quale gioia sia capace. Questa consapevolezza ci può rendere traboccanti di gioia. Possiamo gioire della bellezza dell’esistenza.
Cosa significa, percorrere un cammino?
Credo che dovremmo guardare alla vita come a un‘irripetibile occasione di trasformarci, da quando nasciamo fino a quando moriamo, e di diventare sempre più consapevoli di cosa siamo veramente. Tutto passa attraverso la consapevolezza. Quello che non so, non lo posso vivere. Inoltre, io vedo solo ciò che mi è noto.
Noi spesso facciamo violenza al nostro corpo, perché dimentichiamo di ricaricarlo fisicamente e spiritualmente. Ciò che noi non consideriamo è il significato del tempo in sé, intendo qui il tempo nel suo aspetto qualitativo. Ogni cosa ha bisogno del suo tempo. Per salire su una montagna, so che ho bisogno di tre ore. Se mi sforzo di farlo in un’ora, in cima potrebbe venirmi un infarto. Oggi siamo convinti che possiamo comprimere il tempo, che in un determinato lasso di tempo possiamo fare sempre più cose. Forse lo possiamo anche fare, ma come conseguenza ci roviniamo la salute. Tutto ciò che facciamo deve essere in armonia con il nostro essere nella sua interezza. Quando non lo facciamo, ci abbrutiamo, oppure provochiamo la ribellione del nostro corpo, che si rifugia nella malattia. Lo stress odierno non può essere vantaggioso per la società. Il corpo non ce la fa, perché non riesce a ricaricarsi.
L’arte ha come unico compito quello di condurre l’essere umano all’armonia, condurlo alla consapevolezza della totalità della sua esistenza. L’arte è il mezzo che la Creazione ci ha messo in mano per crescere e per evolverci. Ai miei occhi, nulla più dell’arte è adatto a questo scopo, a parte la religione, prima che si irrigidisse nel dogma. Soltanto, oggi non si sa più esattamente che cose è l’arte. Regna la confusione come nella torre di Babele. Si conoscono troppo poco le possibilità e la bellezza dell’arte. Troppi uomini non sanno quanto meravigliosa sia la vita. Conoscono troppo poco le sue possibilità, non sanno che uso farne. Trascorrono i meravigliosi anni della loro esistenza vegetando in una specie di dormiveglia. Già Socrate ad Atene cercava in continuazione di svegliare i suoi concittadini da questo sonno, ponendo loro domande di ogni sorta. Solo la curiosità, una qualità ben presente nell’uomo, ci può portare a scoprire le cose segrete, nascoste dentro e fuori di noi, per trovare ciò che ci carica di energia interiore.
Cosa succede contemplando un’opera d’arte?
C’è bisogno di tempo, affinché una vera opera d’arte si dischiuda all’osservatore. Per capire invece che un’opera d’arte non è tale, basta poco, perché non comunica niente, solo il vuoto. All’epoca di Tiziano, a Venezia c’erano quattordicimila pittori, dagli illustratori agli imbianchini. Solo una manciata di questi erano veramente artisti.
Quando osservo un quadro per la prima volta, prima di tutto guardo da vicino i dettagli. È da questi che si riconoscono le capacità manuali del pittore. Quando vedo che è dipinto in modo eccellente, osservo la composizione, il modo in cui le singole forme si dispongono all’interno del quadro, le luci e le ombre, la distribuzione dei colori e gradualmente mi accorgo che i bordi del quadro non ci sono più, che l’immagine si riversa fuori dai margini e si trasforma in un evento.
Una delle mie più significative esperienze in tal senso la ebbi a Stoccolma, davanti al grande dipinto di Rembrandt “La congiura di Claudio Civile“. Passo dopo passo, diventavo sempre più consapevole della maestria con cui era stato dipinto, fino a che vidi la luce uscire a fiotti dall’immagine. Se la sala fosse stata al buio, questo dipinto sarebbe stato un grado di illuminarla. E non solo la sala, ma l’intero museo e oltre, fin dove l’occhio poteva arrivare, l’intera città. Tale è l’intensità della luce di questo dipinto, di quel vecchio Rembrandt, ai suoi tempi quasi dimenticato. Tale è il potere che può avere un quadro, quando racchiude tutta l’intensità di un artista.
Altro esempio. Il “Narciso“ di Tintoretto comunica gioia, ininterrottamente, da cinquecento anni. Il quadro è, semplicemente, bello. Perché è bello? mi chiedo. Il quadro trasmette energia positiva, e più a lungo lo guardo, più felice mi sento.
In gioventù mi sono occupato molto della “Pietà Rondanini” di Michelangelo. Per settimane l’ho disegnata da tutti i lati, per penetrare nel suo mistero. In realtà, questo mistero è di un’ampiezza infinita. Quando si pensa di essersi un po‘ avvicinati, subito il mistero si allontana di una distanza doppia. Io credo che lo stesso sia successo a Michelangelo. Se ci avesse potuto lavorare ancora un pochino, se fosse vissuto un paio di mesi in più, il segreto sarebbe fuggito ancora più lontano, lontano al punto che della scultura non sarebbe rimasta che polvere.
Michelangelo ci avrebbe forse lavorato, finché di marmo non ne fosse rimasto niente. Il mistero non lo si può trattenere, fugge in avanti o indietro, finché non restano che macerie. Questo ci dà da pensare. Noi uomini abbiamo questo impulso fortissimo che ci spinge, giorno dopo giorno, ad avvicinarci al cuore della creazione, anche se già sappiamo che è un viaggio infinito. Lo abbiamo imparato da Einstein, Heisenberg e altri. E tuttavia qualcosa in noi ci dice che possiamo avvicinarci al mistero, che LO POSSIAMO AFFERRARE: questo è il grande segreto della nostra esistenza.
Di cosa ha bisogno l’anima, nel suo cammino attraverso il mondo?
Gli antichi Greci sapevano che IL TEMPO E‘ L’OPPORTUNITA‘ di crescere nel corpo e nello spirito. Di conseguenza non si sono fatti incalzare, bensì GUIDARE DAL TEMPO. Lasciavano che il tempo agisse. Ogni uomo ha un suo proprio tempo dentro di sé. All’inizio del cammino evolutivo di una persona, il tempo passa molto più in fretta, perché la persona vuole riguadagnare il terreno, che crede di aver perduto. Ma, gradualmente, impara a distinguere gli stimoli a cui la sua anima reagisce, apprende come forgiarla, come farla risplendere, affinché non sia più qualcosa di indistinto, ma cominci ad esprimersi.
Per questo ogni anima, ogni scintilla, ha un tempo diverso. È un tempo diverso da quello fisico del corpo. Alcune persone provengono da famiglie che, già da generazioni, hanno avuto la possibilità e la libertà di occuparsi del lavoro sull’anima. Altre persone, invece, sono completamente assorbite dalle fatiche dell’esistenza fisica, dalla lotta per la sopravvivenza, e perciò troppo stanche per occuparsi dell’anima. Così, per me, “uno che ha studiato“, è uno che ha avuto il tempo di occuparsi di qualcosa che non sia la pura sopravvivenza fisica. Il desiderio di “diventare qualcuno“ vale non solo per l’esteriorità, ma anche per l’interiorità.
La domenica, il giorno del riposo istituito dalla Chiesa, fa certo bene alla crescita spirituale, ma è ancora troppo poco. Naturalmente, non si può cercare l’illuminazione e intanto morire di fame. E qui, penso sempre agli incredibili doni fatti della Creazione all’essere umano: arte e religione. È stato un gran giorno quando l’uomo, per la prima volta, ha riconosciuto la propria immagine riflessa sullo specchio dell’acqua, e quando per la prima volta ha dato forma, con le sue mani, alla propria immagine. Io credo che si sia trattato di un enorme salto evolutivo. Io credo che quello sia stato il momento in cui l’uomo è diventato consapevole delle proprie possibilità spirituali.
Cosa succede, quando corpo e anima comunicano?
Il lavoro da fare è un lavoro su se stessi. Da un lato, un lavoro sul corpo, dall’altro un lavoro sulla nostra interiorità, che è più difficile, meno immediato. Nel lavoro interiore, infatti, dobbiamo superare un maggior numero di ostacoli, perché ciò che cerchiamo non attiene alla sfera dell’esistenza animale. È più complicato, e il risultato dei nostri sforzi non è immediatamente visibile. Per quanto mi riguarda, solo lentamente sono riuscito a riconoscere in me le capacità di provare una gioia intensa. La gioia è presente in me, quando riesco a sentire che il mio corpo comunica con la mia anima. Questa comunicazione riempie di gioia sia il corpo che l’anima, e si manifesta nel benessere fisico e nella potenza creativa.
Ho sempre voluto diventare scultore, sin da quando avevo cinque anni. Lo attribuisco al fascino che ho sempre provato per la civiltà egizia. Come nessun altro popolo – io, almeno, non ne conosco altri – hanno saputo unire il cielo e la terra. Se penso agli antichi egizi vedo questa immagine: uomini che, dal punto in cui si trovano, proiettano delle linee fino alle stelle, ai pianeti, alle costellazioni al di là del nostro sistema solare. Vedo un reticolo di linee, che ha consentito loro di creare una geometria, calcolare le distanze. E questa grandiosa esperienza la riversarono successivamente nella loro arte, nella loro scultura. Ogni scultura egizia è un miracolo geometrico. Non la geometria che si fa a scuola, ma un modo di calcolare, talvolta a malapena riconoscibile come tale, con il quale gli egizi mettevano in collegamento le loro sculture con le stelle e il cielo. È questo collegamento fra cielo e terra, che li ha fatti progredire anche nell’evoluzione dell’anima e del corpo. Fino all’epoca di Akhenaton et Nefertiti, a partire dalla quale sembra che l’individualismo avesse poi messo in secondo piano questa forma elevata di sapienza, queste conoscenze erano ancora ampiamente diffuse. Successivamente si giunse a un individualismo molto marcato.
Ogni epoca ha le sue vette e i suoi abissi. Noi viviamo in un’epoca, nella quale l‘orientamento materialistico è così spiccato, che ha quasi completamente oscurato i bisogni spirituali. Sono finite le grandi epoche dell’arte, nelle quali poteva esistere un canone artistico, come nell’arte egizia, greca, gotica. L’arte è diventata un’affermazione individuale. Vi sono periodi, in cui sono molti gli artisti che “accompagnano” gli uomini nel loro cammino spirituale, e altri periodi, nel quali l’arte resta in superficie. Noi viviamo in un’epoca in cui nell’arte si sperimenta e si produce molto. Questo non significa, tuttavia, che tutti questi tentativi e questi prodotti siano veramente opere d’arte.
La maggior parte di ciò che ci viene proposto oggi è un’espressione del nostro pensiero materialista e consumista, se non addirittura un inno a quest’ultimo. Non voglio dire, con questo, che non esistano attualmente opere d’arte. Lo ripeto: l’arte è lo specchio dell’anima. Io considero un’opera d’arte, ciò che ci conduce all’armonia tra corpo e anima. È un’armonia che deve essere continuamente rinnovata. Di nuovo il fattore “tempo” ha un ruolo importante, perché ogni tempo fa emergere una nuova sensibilità, cui bisogna dare una forma, che, come tutto ciò che è nuovo, all’inizio ci è estranea e ne abbiamo quasi paura. Si ha sempre paura di perdere qualcosa. Ma, qualche volta, la perdita è anche una fortuna. Grazie a questa perdita, si esce dal sentiero battuto.
Nel nostro tempo il principio dell’individualismo ha preso il sopravvento. Nella contemplazione dell’arte è importante essere disponibili, aperti. È importante aspettare il momento in cui, dalla nostra coscienza, arriva una reazione. Non bisogna farsi ingannare da ciò che si crede di sapere, dalle incrostazioni della coscienza. Contemplando un’opera d’arte, bisogna essere liberi e aperti. Così ogni forma d’arte può entrare dentro di noi e portarci un nuovo modo di pensare. La domanda da porsi sull’arte è: mi aiuta nello sviluppo della mia esistenza? Se la risposta è “sì“, vuol dire che ci aiuta nel nostro cammino evolutivo, ci aiuta a diventare sempre più umani. Allora possiamo dire: il messaggio dell’arte ci ha fatto un regalo e ci ha fatto trovare la nostra vera essenza. È l’anima a fare gli esseri umani.